ANNO DEI BORGHI: NON SOLO PER LA PROMOZIONE TURISTICA. L'ITALIA DELLE AREE INTERNE RIPARTE RIGENERANDO COMUNITÀ E NUOVE IMPRESE
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ANNO DEI BORGHI: NON SOLO PER LA PROMOZIONE TURISTICA. L'ITALIA DELLE AREE INTERNE RIPARTE RIGENERANDO COMUNITÀ E NUOVE IMPRESE

 

05/01/2017

ANNO DEI BORGHI: NON SOLO PER LA PROMOZIONE TURISTICA. L'ITALIA DELLE AREE INTERNE RIPARTE RIGENERANDO COMUNITÀ E NUOVE IMPRESE


Sta destando grande interesse, non solo tra gli "addetti ai lavori", tra Amministratori pubblici e professionisti, l'indizione dell'Anno dei borghi voluto per il 2017 dal Ministro Dario Franceschini. Quello che è certo è che i borghi, alpini o appenninici, non sono solo il centro e il vettore di iniziative e flussi turistici. Certo, lo sono per loro natura. Pensiamo all'Abruzzo o all'Umbria, al grande lavoro fatto dall'Associazione dei Borghi più belli d'Italia negli ultimi dieci anni. Pensiamo alle Alpi, alla Carnia in Friuli o alla Valle d'Aosta. Qui interi paesi sono stati "rigenerati" grazie all'uso attento di fondi pubblici (in particolare di derivazione europea) uniti all'impegno dei privati. Continua, ad esempio, nel 2017 la politica nazionale per incentivare con sgravi fiscali la ristrutturazione che si somma all'Ecobonus per inteventi di efficientamento energetico degli edifici. Attivato il "Sisma-bonus", che agisce non solo in zone colpite dal sisma di agosto e ottobre. Solo con il terremoto - va purtroppo ricordato - il Paese si è accorto delle sue aree interne, dei borghi sgretolati, delle zone appenniniche rimaste scheletro senza polpa.

Tanti temi si incrociano parlando di borghi, compreso quello politico-istituzionale legato alla governance e alla capacità dei piccoli Comuni dei borghi di fare rete, di entrare in sinergia e di costituire Unioni. Il 2017, Anno dei borghi, potrà essere anche quello buono per il via libera del Parlamento al Disegno di legge piccoli Comuni e montagna, che comprende anche una serie di norme per valorizzare borghi e centri storici. Non è banale. L'articolo 4 del ddl (già approvato alla Camera e ora all'esame del Senato, primi firmatari Ermete Realacci ed Enrico Borghi) prevede l'avvio di alberghi diffusi, secondo una formula già conosciuta e disciplinata in molte Regioni italiane. Proprio come ha fatto Daniele Kihlgren a Santo Stefano di Sessanio, sul Gran Sasso. Borgo conosciuto in tutto il mondo, quasi come Matera, dove l'imprenditore ha realizzato un'altra preziosa struttura ricettiva nei Sassi. 

I modelli piemontesi di recupero dei "villaggi alpinI" previsti grazie ai fondi del PSR 2007-2013 possono diventare un esempio nazionale. Da quel bando del 2009, con la fortunata misura 322, emerge con forza la necessità di unire alla fruizione turistica e ricettiva dei borghi, la dimensione economica che porta con sè fronti sociali, antropologici, imprenditoriali. Il bando premiava infatti i progetti capaci di generare un buon numero di micro-imprese, di tutti i settori. Qui sta la novità che deve essere modellata sul livello nazionale e messa al centro dell'Anno dei borghi. E cioè la capacità dei borghi italiani, Alpi e Appennino, di essere artefici di un nuovo sviluppo delle aree interne. Quelle stesse aree fragili massacrate da alluvioni e terremoti. Eppure è lì, nelle "zone libere" per dirla con Fabrizio Barca, che oggi possono maturare gli esempi migliori di imprenditoria. Capaci di coinvolgere le comunità. Pensiamo alle Cooperative di comunità lanciate nell'appennino, al lavoro certosino di inserimento di imprese nei borghi alpini, all'impegno delle associazioni agricole o di Slow Food per valorizzare porzioni di terreno abbandonate, con il "Campo libero" da affidare a nuovi agricoltori. Oppure ancora alla legge sull'associazionismo fondiario del Piemonte, che incentiva i Comuni che uniscono i piccoli fazzoletti di terra, frammentati in mille proprietà, per farne un nuovo tessuto produttivo. Da affidare a imprese, più o meno giovani. O si pensi alle start up dell'innovazione e cioè al fatto che, grazie al piano bandaultralarga e all'impegno in passato di tanti Comuni per combattere il digital divide, oggi in un paese a mille metri di altitudine si possono insediare co-working e fab-lab, luoghi di sprimentazione e di lavoro dei "makers". Pensiamo anche alle iniziative promozionali, di marketing avviate da Uncem con la vendita di tre borghi su eBay. Tutt'altro che una provocazione, che ha intercettato l'attenzione mondiale di operatori del settore. Da approfondire. Se è vero che i territori si rigenerano con l'arrivo di nuove idee e nuove comunità, vale la pena di riflettere anche su come i borghi, come i piccoli centri dell'Appennino e delle Alpi, possono accogliere migranti e richiedenti asilo. Accogliere e fare coesione, con progetti molto più virtuosi delle aree urbane. Abbiamo molte volte evidenziato come gli stranieri già presenti nelle terre alte abbiano salvato intere filere produttive abbandonate dagli italiani. Ancora, i borghi possono essere luogo di sperimentazione di nuovi modelli energetici, totalmente alimentati da fonti rinnovabili, con lo "scambio sul posto", piccole smart grid (reti intelligenti), aree deputate alla produzione energetica e all'accumulo di energia, sperimentando storage che evita di creare reti lunghe e alzare ingombranti tralicci. I borghi sono anche - va sottolineato - luogo di sperimentazione dell'Agenda digitale che sempre più deve avere una declinazione nazionale e regionale "montana". Cioè come i nuovi servizi digitalia, fruibili da pc o ancor di più da smartphone, sostituiscano vecchi e costosi servizi, nei campi della scuola, della sanità e dei trasporti (guarda un po', le tre direttrici della Strategia nazionale Aree interne...). Luoghi della cultura e della storia, come Paraloup di Rittana, culla della Resistenza, a Cuneo e in Italia. Luoghi ecosostenibili parte delle green communities e delle oil free zone normate dalla legge 221 del 2015, la prima legge italiana sulla green economy: dove si avviano virtuosi meccanismi di pagamento dei servizi ecosistemici-ambientali.

I borghi sono luoghi dove produrre. Dove si è sempre prodotto. E la comunità ne era e ne è protagonista. Lo sa bene Brunello Cucinelli, imprenditore del cachemere, conosciuto in tutto il mondo, che ha messo la sede della propria azienda a Solomeo, un borgo medievale con 406 abitanti, frazione del comune di Corciano, in provincia di Perugia, in Umbria. Così il paese è stato conosciuto, oltre che per i suoi vestiti, per i buoni risultati economici e per una filosofia molto sensibile alla vita privata dei suoi dipendenti e al miglioramento delle condizioni del Comune stesso che ospita l'azienda.

Anche a Solomeo si fa turismo, certo. Ma è un turismo diverso, quello dei borghi da quello massificato. E le peculiarità, Franceschini ha già annunciato di volerle inserire in una Carta, quasi un "disciplinare" non fatto per insegnare e ammonire, bensì per riconoscere ed essere riconosciuto.

C'è poi il caldissimo tema del recupero "architettonico", con tutti i connessi. E cioè come andare a recuperare pezzi di edifici con secoli di storia, garantendo qualità estetica, benessere, armonia degli stili, efficienza energetica degli edifici e capacità antisismica. Come vado a pianificare spazi interni ai borghi stessi, oppure l'illuminazione e gli altri servizi, i parcheggi, le aree comuni... Su questo fronte, sono molte le Università italiane che ragionano da tempo. L'Anno dei borghi può servire per allineare e confrontare le migliori proposte e soluzioni. Un lavoro immenso, probabilmente, ma decisivo per l'Italia.

Le microimprese dei borghi possono riattivare un tessuto economico certamente in crisi. Messo in crisi dalla grande distribuzione, ma non dall'e-commerce che, se bene usato, può invece diventare arma vincente per i borghi stessi. Pensiamo alle piccole botteghe, agli artigiani, alle aziende agricole che riescano - con un supporto finanziario ed anche economico pubblico, perché no - ad attivare piccoli punti vendita nei borghi di riferimento e allo stesso tempo a vendere on line - insieme, in siti multiprodotto e multiproduttore - i loro prodotti. Non una lotta - sarebbe perdente - con i big player delle ventite on line, ma un'offerta che cresce e che va nel mondo, rispondendo alle tendenze del mercato. Anche questo vale per l'Anno dei borghi.

Ci sono due punti, in conclusione, che vanno tenuti presenti. I borghi medioevali o più recenti, alpini o appenninici, non vanno messi sotto una campana di vetro. Vanno piuttosto rigenerati con un attento lavoro di ricerca sociale, di pianificazione urbanistica, di sviluppo economico locale. Un impegno che diventa scienza. Nessuna campana di vetro. È vero che lo spopolamento ha condotto l'Italia ad avere tante "ghost-town", ma probabilmente, è proprio da queste che non bisogna ripartire. Riempire luoghi vuoti non è sempre detto sia necessario. Servono attente valutazioni, caso per caso. Chi si occupa di rigenerazione delle aree interne non è un "abbandonologo" che contempla ruderi. Bisogna piuttosto partire da quanto esiste, borghi (intesi come frazioni di paesi o anche interi paesi) che possono avere iniezione di risorse - pubbliche o private - e di idee, di progetti e di proposte. L'Anno dei borghi può, deve, servire a questo. Non solo dunque alla valorizzazione turistica, ma una promozione umana, culturale, sociale, economica che l'Italia aspetta e che le aree interne del Paese vogliono. Serve un grande impegno.